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  e vicende legate alla gestione del lascito del Canevari sono fin da subito piuttosto travagliate. Già con la gestione del primo camerlengo, Gio Luigi, nipote di Demetrio, contestazioni interne alla famiglia costringono al ricorso all’arbitrato del Magistrato di Misericordia.
Questa magistratura è sollecitata anche in occasione del passaggio di consegne nel 1667 alla morte del primo Camerlengo, quando appartenenti alla linea di discendenza femminile rivendicano con largo anticipo diritti sulla gestione e sul godimento delle rendite.
A metà del Settecento una decisione del magistrato dei Residenti di Palazzo, incaricati dal Senato genovese di relazionare sull’ennesimo di questi appelli, offre uno spaccato piuttosto sconfortante della gestione: attribuzioni indebite di legati, spese ingiustificate, scarso rispetto delle regole imposte dal fondatore. Su tutto, anche nei giudizi dei patrizi del Senato, prevale però l’etica cetuale: le disposizioni di Demetrio sono interpretate presupponendo che egli abbia voluto garantire un tenore di vita adeguato ai discendenti, “in uno stato conveniente ad una Famiglia nobile”.
Con l’estinzione nel 1793 della linea di discendenza maschile il controllo del Sussidio e le sue rendite passano ai discendenti maschi della linea femminile. Ciò comporta, come disposto dal fondatore, che si allarghi la natura benefica anche al di fuori della famiglia: dal 1794 quote d’avanzo della gestione del Sussidio sono devolute a favore del Magistrato della Misericordia, perché vengano distribuite agli enti assistenziali indicati dal testatore.
Il destino stesso dell’istituzione viene messo in discussione proprio in quegli anni: i motivi sono da un lato l’estinzione di alcune linee di discendenza e dall’altro l’azione di altre “nuove”, che nella prima metà dell’Ottocento rivendicano diritti sul Sussidio, fino a ipotizzarne la liquidazione e la distribuzione del patrimonio. Non a caso una parte importante dell’archivio è costituita proprio da documentazione genealogica, costantemente riutilizzata e prodotta in giudizio [Fig.1]. Tali pretese si scontrano con quelle del Magistrato di Misericordia, che tutela la vocazione benefica. “Tanto più ristretto è il numero degli aventi diritto alla sovvenzione, tanto maggiore si fa il sopravanzo, che ad esse Opere Pie per quarta, ed eguale porzione è devoluto”, commentano i suoi rappresentanti, nel timore che in caso di allargamento ulteriore degli aventi diritto “nulla [si] potrebbe più sperare da questa uberifera fonte”.
La seconda metà dell’Ottocento, ed in particolare gli ultimi anni del secolo, vedono frequenti interventi pubblici di regolamentazione delle istituzioni di beneficenza, che conducono non di rado all’incameramento del loro patrimonio. Sopravvissuto alla legge del 1862, che peraltro tutelava fortemente l’iniziativa privata, nel 1885 il Sussidio è commissariato, in un periodo in cui molte istituzioni genovesi subiscono un destino analogo, in seguito agli interventi che precedono la legge Crispi del 1890. Con il decreto regio del 12 marzo 1885 l’amministrazione è sciolta ed in sua vece è nominato dal Prefetto un Commissario Straordinario, Tomaso Ruzza, incaricato di guidare le sorti del Sussidio trasformato nell’Opera Pia “Sussidio Canevari Demetrio” [Fig.2] .
Il Sussidio – una tra le istituzioni più cospicue di tale genere nel panorama cittadino – resiste nella sua forma mista, familiare e benefica, anche alle riforme statali. Le parole del commissario governativo al termine del suo incarico sanciscono questa peculiarità ed anzi talvolta sembrano riecheggiare quelle dei magistrati della repubblica aristocratica, quando sottolineano come nel testatore “l’affetto ai poveri [fosse] subordinato al più naturale e giusto verso i suoi parenti”. La trasformazione determina una profonda riforma amministrativa e contabile, e soprattutto, come si vedrà, la creazione di un primo nucleo di archivio storico [Fig.3].
Nel 1886 è approvato uno Statuto, che nel 1899 è riformulato in funzione della nuova legge sulle Opere Pie del 17 luglio 1890, per la quale il Sussidio subisce un ennesimo tentativo di incorporamento nella Congregazione di Carità cittadina. Le successive vicende della gestione riguardano ancora il modo di bilanciare le due vocazioni dell’ente: la distribuzione di legati ai familiari (in numero crescente) e la destinazione benefica (in quegli anni viene nuovamente stampato il testamento)[Fig.4].
Nella serie dei conti morali a cavallo tra Otto e Novecento si insiste a più riprese sulla necessità di mantenere integra la solidità economica del Sussidio, sacrificando le uscite generiche per la beneficenza, che tuttavia sono usate come arma retorica nelle polemiche contro i prelievi fiscali operati dallo Stato. Contestualmente si tenta di sconfiggere il depauperamento delle rendite conseguente all’inflazione.
Negli anni Trenta del Novecento si reclama un adeguamento, facendo notare che, mantenuti gli importi dell’aggiornamento fatto nel 1886, le quote destinate ai discendenti sono talmente esigue che gran parte dei frutti vanno agli enti di beneficenza, snaturando la natura del lascito e tradendo pertanto le disposizioni di Demetrio.
Respinte una prima volta nel 1932, le richieste troveranno ascolto solo nel 1953, dopo che le entrate hanno subito un forte decremento per i gravi danni della seconda guerra mondiale.
La “natura interregionale e sostanzialmente privata dell’Ente”, compreso in quelle “fondazioni famigliari che, avendo un risvolto pubblico, solo condizionato e ipotetico, non possono essere trasferite ai Comuni, specialmente nei loro beni patrimoniali”, verrà rivendicata ancora a garantirne la sopravvivenza in occasione delle riforme conseguenti al passaggio di competenze tra Stato e Regioni. Un passaggio che ha un iter complesso ed accidentato. Anche grazie a ciò, il Sussidio resiste ancora una volta al pericolo dello scioglimento ed anzi, seguendo in questo l’esempio di molte altre
istituzioni analoghe, ritorna alla sua natura di istituzione privata con vocazioni parzialmente assistenziali. La pratica di “depubblicizzazione” (come viene indicata nella richiesta di riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato da parte dell’amministrazione del Sussidio) è avviata nel maggio 2003.
Il 2 dicembre 2005 con l’approvazione dello statuto avviene l’ufficiale riconoscimento della “Fondazione Canevari Demetrio”, con finalità culturali e di assistenza all’istruzione.